INTERVISTA SULL'EFFICACIA DEI COMPITI PER CASA
del Dott. Mario Polito Psicologo
Intervista al Giornale di Vicenza il 01 Dicembre 2009
Sintesi dei risultati. Da una mia ricerca svolta in varie città italiane con 14.000 questionari (7500 studenti, 5500 genitori e 1300 docenti) sono emersi in sintesi i seguenti risultati: Si ai compiti per casa ma solo a queste condizioni: se sono in quantità moderata, se sono, soprattutto, motivanti, stimolanti, intelligenti, coinvolgenti. Altrimenti è meglio non assegnarli, perché sono semplicemente inutili e controproducenti.
Clicca qui per visualizzare PDF articolo
Intervista sul Giornale di Vicenza a cura di Nicoletta Martelletto.
Prof Polito, non esistono indagini così ampie sui compiti a casa. Come le è venuto in mente?
Perché il tema dei compiti torna sempre negli incontri con i ragazzi a scuola e in quelli dei genitori, che li vedono come un peso. La Scuola Genitori è stata una base molto ampia per partire e i dati finali sono importanti, ci dicono che nessun lavoro del genere era stato condotto prima. Abbiamo cominciato nel marzo 2008 e concluso nel giugno 2009. Ne faremo una pubblicazione. Ci vorrà tempo e per ora anticipiamo solo alcuni aspetti.
Cosa voleva dimostrare?
In realtà volevo testare una sensazione, e cioè che ci sono almeno 24 milioni di persone in Italia che tutti i giorni sono alle prese con i compiti a casa: 8 milioni di studenti, 8 milioni di madri e altrettanti padri. Più un milione di docenti. Il nostro non era un referendum, ovvero compiti a casa sì o no, ma capire se sono utili, quanto incidono sulla vita quotidiana e cosa provocano.
I ragazzi le hanno detto che...
Lamentano in generale un sovraccarico, tra il 30 e il 40% risponde così. E 3 milioni e mezzo di ragazzi che soffrono tutti i pomeriggi sono tanti. Naturalmente altri rispondono di no, ma è importante capire che ad esempio alle elementari i compiti non sono vissuti passivamente o come una imposizione ma piuttosto come una soddisfazione, anche perché presentati in forma di gioco, di prova e di esperimento. Sono più accettati perché più motivati. Alle medie c’è la caduta: si perde il valore motivazionale dei compiti e ancor di più alle superiori.
Ma allora i compiti li vogliono o no?
Le risposte sembrano dire che i compiti sono vissuti informa punitiva, senza interesse. Si accusano i docenti di non spiegare bene, i compiti spesso non vengono corretti e quindi non c’è il ritorno. Solo il 22% dei ragazzi dice che i compiti sono teoricamente stimolanti e interessanti, di fatto poi non c’è riscontro nella pratica.
Facciamone una questione di impegno orario.
Se la cava in un’ora circa il 21% del totale, ma sono i bambini delle elementari. La maggior parte degli studenti risponde che fa i compiti in una-due ore; il 29% ci impiega da due a tre ore, più di 3 ore il 19%. Voglio dire che arriviamo al 74% con chi si impegna da una a tre ore.
In teoria quindi studiano: ma come? Sono capaci di concentrarsi? Sono addestrati ad un metodo?
L’80% dei docenti dice di insegnare un metodo di studio. I ragazzi che rispondono di averlo sono il 56% e alle superiori si scende al 40%. C’è evidentemente un problema di comunicazione sul metodo.
Torniamo al titolo della ricerca: compiti utili o no?
Gli studenti riconoscono che i compiti per casa sono utili per controllare quello che si è compreso in classe, per applicarlo, per rinforzare le conoscenze. Il 77% è d’accordo. Grosso modo anche docenti e genitori sono su percentuali elevate. Poi si crolla sul piano pratico: utili per tutti, ma efficaci solo per il 35%. Pensavamo esistessero differenze significative tra i vari tipi delle superiori, licei e tecnici ad esempio: invece le difficoltà sono omogenee. Ai professionali emerge maggiore difficoltà nei compiti.
I genitori si lamentano come i figli?
Si dichiarano d’accordo sui compiti a casa: per il 91% rinforzano l’apprendimento a scuola, per l’89% aiutano ad applicare, per l’82%sono un controllo sulla comprensione. Ma la motivazione che vedono nei loro figli scende al 40%. E poi c’è il fenomeno diffusissimo del genitore di sostegno: tra il 70 e l’80% aiuta i figli alle elementari, tra il 40 e il 50% li aiuta alle medie, il 25% anche alle superiori, come fossero ancora incapaci di autonomia. Il genitore tutor rispiega e ripassa: complessivamente lo fa un genitore su tre, il 31%. Vuol dire che ogni giorno milioni di persone sono impegnate su questo tema. Del resto anche il 32% dei docenti pensa che i genitori debbano fare il sostegno scolastico.
Naturalmente gli insegnanti sosterranno di non esagerare con i carichi.
Non è un carico loro, ma dei ragazzi. I docenti partono molto alti: il 95% sostiene che i compiti per casa rinforzano le spiegazioni, il 94% aiuta le applicazioni. Salvo poi ammettere che i compiti aumentano le motivazioni allo studio solo nel 30% dei ragazzi. Dunque c’è qualcosa che non va. Gli alunni vanno prima motivati, poi sono oggetto di assegnazioni.
Le discussioni sul week end e sulle vacanze brevi come si risolve?
L’indagine mette in luce che il 66% degli studenti chiede meno o zero compiti il sabato e la domenica, il 58% l’abolizione di quelli estivi, solo il 25 per cento chiede l’abolizione totale. Tra i genitori invece solo il 7% vorrebbe l’abolizione totale e il 52% la cancellazione di quelli del week end. Un margine di trattativa c’è, anche perché il 35% dei docenti si dice disponibile a ridurre i carichi. Credo che su questo i ragazzi vadano ascoltati: chiedono motivi e metodi, ma anche tempi di riposo.
Domande del Giornalista Dott. Giuliano Aluffi
del Venerdì di Repubblica 2009
1) Da quel che ha riscontrato nello studio che ha condotto, i genitori (mi interessano soprattutto scuole elementari e medie inferiori) si sentono in grado di aiutare efficacemente i loro figli nei compiti a casa? O risentono di un "gap didattico" tra la loro formazione da giovani e l'offerta formativa moderna della scuola?
I genitori si sentono in grado di accompagnare i figli nel loro percorso scolastico, sostenendoli emotivamente e un po' anche nella motivazione, ma non nei compiti a casa, richiedono competenze didattiche specifiche ed elevate, che i genitori non hanno né possono avere. La maggior parte dei genitori riesce a seguire, o meglio a stare vicino ai propri figli, durante l'esecuzione dei compiti a casa soprattutto nei primi due anni delle scuole elementari quando si tratta soprattutto di aiutare il figlio a concentrarsi, a focalizzarsi, a non distrarsi, a non fantasticare, e a impegnarsi a svolgere i compiti in tempi più produttivi. Talvolta si impegnano a rispiegare piccole cose, ma non è possibile aiutarli a svolgere i compiti o a sostituirsi ai docenti. Molti genitori si lamentano che spesso devono sostituirsi ai docenti, perché i ragazzi non hanno capito bene quello che devono fare. I docenti ribattono che in classe sanno i ragazzi sono disattenti e questo può essere anche vero. Ma la situazione non migliora. E' solo un rimbalzo di accuse reciproche tra genitori e docenti. Molti studenti nelle medie e nelle superiori, non nelle scuole elementari, dichiarano di dover fare i compiti per casa senza che i docenti si siano assicurati bene che abbiano capito bene le spiegazioni in classi. Che abbiamo ricevuto un metodo di studio per studiare meglio ed essere autonomi nello svolgimento dei compiti. Molti genitori mi hanno detto che già sufficiente "fare genitori" e che non possono improvvisarsi docenti. Tocca ai docenti spiegare bene quello che i ragazzi devono fare per svolgere bene i compiti per casa in modo autonomo.
Esiste poi una grande differenza tra la scuola frequentata dai genitori e quella frequentata attualmente dai loro figli. Vi sono molte procedure didattiche rinnovate. Se un genitore si mette a spiegare alcuni concetti alla sua maniera molto spesso i ragazzi dicono subito "Smettila perché così perché mi confondi. La maestra vuole che questo sia fatto in quest'altro modo". Questo vale soprattutto per le scuole elementari e qualcosa per scuole medie. Nella scuola superiore i ragazzi sono gelosi della loro esperienza e raramente permettono ai genitori di ficcare il naso nella loro vita e nei compiti per casa.
2) Dal punto di vista della didattica (sempre riguardo al mondo scuole elementari / medie inferiori) cosa è cambiato di più da trent'anni a questa parte? I contenuti o i metodi dell'insegnamento? C'è qualche materia che è cambiata più di altre? Ci può fare qualche esempio che ci aiuti a capire se la didattica moderna rischia di essere "terra incognita" per i genitori italiani?
In questi ultimi trent'anni sono cambiate molte cose in ambito didattico. La rivoluzione didattica più grande è stata la "programmazione" di contenuti e dei metodi di apprendimento secondo criteri di gradualità e di maggiore attenzione ai prerequisiti dei ragazzi. Tutte le scuole italiane negli anni 80_90 hanno rinnovato la propria modalità didattica. E' stato un gran bene utilizzare una modalità più scientifica per preparare le lezioni. In ogni scuola italiana si stabilizzata la "programmazione didattica" sia dei contenuti sia dei metodi d'insegnamento. I contenuti però sono lievitati molto e si sono gonfiati, pensando che la quantità potesse migliorare la qualità della scuola. Ma le ore scolastiche sono rimaste sempre quelle. anche se i libri sono aumentati di 10 volte nel numero delle pagine e dei contenuti.
Per quanto riguarda i metodi di insegnamento la rivoluzione più grande è stata l'attenzione ai prerequisiti degli studenti, l'attenzione al loro modo di apprendere. Ma anche una maggiore attenzione verso il loro coinvolgimento più attivo. Oggi abbiamo docenti più consapevoli e attenti. È stato fatto tanto ma c'è ancora tantissimo da fare perché la motivazione dei ragazzi oggi si è nuovamente esaurita.
Le materie che si sono rinnovate maggiormente dal punto di vista didattico sono state le lingue straniere. Gli insegnanti di lingua straniera hanno sviluppato un approccio più interattivo, dialogico, specialmente nella scuola elementare e nella scuola media, perché hanno compreso che la lingua è comunicazione, è interazione, è scambio. Le materie che sono rimaste più indietro sul piano didattico sono quelle che si propongono in modo verticale (usando eccessivamente la lezione frontale) e trascurano il coinvolgimento attivo degli studenti. Anche il coinvolgimento laboratoriale. Tuttavia tutte le materie hanno subito la ventata innovativa della programmazione didattica al servizio dello studente.
I genitori hanno ancora un'idea arretrata della didattica come se si trattasse soltanto di spiegare e poi interrogare. La maggior parte dei docenti sa invece che questo tipo di didattica tradizionale e passiva è stato sostituita da una didattica più interattiva che tiene conto maggiormente di quello dello studente sa per agganciare poi i nuovi contenuti.
Anche l'opinione pubblica conosce poco della didattica attuata nella scuola contemporanea.
Vorrei precisare che questo rinnovamento didattico è avvenuto in tutto l'Occidente. Tutte le nazioni americane ed europee in questi trent'anni hanno rinnovato la scuola, proponendo numerose e profonde riforme scolastiche sia nei contenuti, sia nell'organizzazione dei cicli, sia nel miglioramento delle proposte didattiche e formative. Qualcosa in meno invece è stato fatto sul piano di pedagogico, sul piano della relazione educativa. Si è migliorata abbastanza la didattica ma si è trascurato (con l'unica eccezione della scuola elementare) la dimensione pedagogica e questo ha creato un forte distacco dalle nuove generazioni di preadolescenti e adolescenti dal mondo e dai valori degli adulti.
3) Secondo lei e i dati che ha raccolto, quali sono i criteri che oggi spingono i docenti a decidere la quantità di compiti a casa da assegnare agli alunni? Sono tutti giustificati e ragionevoli o possono essere messi in discussione?
Consideriamo adesso per quali ragioni i docenti assegnano i compiti per casa.
Le ragioni sono molteplici. Alcune sono ideali. Altre sono più pragmatiche. Su quelle ideali sono tutti d'accordo. I compiti per casa "dovrebbero"... bisogna sottolineare questo verbo al condizionale, "dovrebbero" servire a controllare se si è capito quello è stato spiegato in classe, ad esercitarsi su quello che è stato capito in classe, a rinforzare quello che è stato capito in classe. Su questi tre punti ideali tutti (studenti, docenti e genitori) sono d'accordo ma tutto frana perché si tratta di un condizionale. Dovrebbero servire... Ma la domanda centrale riguarda se gli studenti hanno capito bene quello che è stato spiegato in classe. I docenti si assicurano, prima di assegnare un compito per casa dei ragazzi abbiano capito quello che è stato spiegato loro? I docenti forniscono ai ragazzi un metodo di studio per poter svolgere bene i compiti per casa in modo autonomo senza dover ossessionare i loro genitori? Inoltre, i compiti per casa sono motivanti, stimolanti, o almeno significativi, cioè hanno senso? Le risposte a queste domande è negativa. Allora: ha senso assegnare compiti per casa su contenuti che non sono stati spiegati bene in classe? Chiaramente no.
Alcuni i docenti assegnano compiti per casa perché non sono riusciti a terminare la loro spiegazione classe. E' una motivazione contraddittoria, perché non si può studiare bene qualcosa che non è stato spiegato bene né capito bene in classe.
Altri docenti assegnano dei compiti per casa per punizione. Si tratta di motivazione fragilissima, che fa odiare ancora di più i compiti per casa e li allontana dalla loro funzione pedagogica.
Altre volte assegnano compiti per casa perché la classe delle carenze. Ma questo non serve, perché le carenze si sciolgono con spiegazioni migliori e lezioni più, interattive, più appassionanti, non caricando compiti per casa.
Altre volte i docenti assegnano compiti per casa per altre motivazioni, come ad esempio, per sviluppare il carattere, per abituare i ragazzi al metodo di lavoro, per sviluppare l'autocontrollo e l'autodisciplina, per sviluppare la motivazione. Ma tutte quante di queste altre ragioni sono state bocciate dagli stessi docenti, oltre che dagli studenti e dei genitori. Quando dico bocciate vuol dire che hanno ricevuto un punteggio bassissimo, come, ad esempio, quella sul di compiti che sviluppano la motivazione allo studio. Gli studenti hanno risposto Vero il 30% di docenti, il 35% di studenti, il 40% di genitori.
È necessario rivedere le ragioni per cui si assegnano i compiti per casa e creare un nuovo patto educativo tra scuola e famiglia. Si potrebbero inserire nel POF alcuni principi come quelli di assegnare i compiti in quantità moderata utilizzando l'indice di Harris (10 minuti per classe). Che siano lasciati liberi i ragazzi durante i weekend e le vacanze. Chi vuol eccellere può sempre chiedere ai docenti compiti extra. Che vengano assegnati i compiti solo dopo adeguate spiegazioni in classe. Che vengano assegnati solo dopo essersi accertati che gli studenti abbiano ben capito i contenuti su cui esercitarsi a casa. Che ricevano compiti accompagnandoli da forti motivazioni o da entusiasmo. Che gli studenti ricevano i compiti dopo aver insegnato loro il metodo di studio per studiare meglio. Ma il punto più debole riguarda la motivazione: si assegnano troppi compiti per casa senza incorniciarli in una cornice di senso, e senza riempirli di motivazione. I docenti giurano che lo fanno, ma i ragazzi giurano di non ricevere alcuna motivazione a fare i compiti. I compiti vengono fatti di fretta, senza impegno, senza metodo. Serve farli in questo modo? Sicuramente no. Questa dichiarazione non la esprimono solo i ragazzi, ma anche docenti e i genitori. Tutti riconoscono che i compiti per casa spesso vengono svolti male, in modo incompleto, frettolosamente e superficialmente. E allora perché si si assegnano? Perché non ci fermiamo a capire come migliorare questa situazione?
Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Sito: www.mariopolito.it